Health Academy: l’architettura della luce
Estratto dall’intervento dell’architetto Giulio Camiz. Offerto da Velux.
La luce come elemento essenziale per la salubrità degli ambienti si traduce nel daylight design, ossia la progettazione con la luce naturale. Come spiega l’architetto Giulio Camiz, la nostra può essere definita come «indoor generation», in quanto arriviamo a trascorrere fino al 95% del nostro tempo in ambienti chiusi. Ciò si traduce in problematiche molto forti, soprattutto si considera che le caratteristiche fisiologiche del corpo umano sono “progettate” per un’elevata esposizione ad ambienti aperti.
L’oggetto di studio deve essere il rapporto di imprescindibile interconnessione tra la progettazione architettonica e il campo luminoso esterno agli edifici, costituito dalla luce esterna. I progettisti devono quindi lavorare sulla materia per capire in che modo essa interagirà con il campo luminoso circostante. La corretta esposizione alla luce naturale apporta molteplici vantaggi: è stato dimostrato, ad esempio, che negli edifici scolastici le aule illuminate in modo idoneo da luce naturale consentono un rendimento maggiore. Più si riesce ad essere in contatto con la realtà esterna e più la risposta fisiologica dell’organismo sarà migliore.
Uno dei parametri cardine da tenere in considerazione è il fattore di luce diurna: sapere da quali variabili dipende è necessario per poterle adeguatamente manipolare a proprio vantaggio. Di cosa si tratta? Esso si esprime attraverso una percentuale che indica il rapporto tra la quantità di luce presente in un ambiente e la rispettiva quantità di luce disponibile nell’ambiente esterno. Dipende da variabili legate alla progettazione, sia di tipo geometrico – forma dello spazio, dimensioni dell’ambiente, forma, numero e posizione delle finestre etc. –, sia di tipo superficiale – quali trasparenza dei vetri e riflettanza delle superfici interne ed esterne. Affinché un ambiente sia considerato salubre, il fattore di luce diurna deve essere minimo al 2 per cento, anche se sarebbe auspicabile arrivare almeno ad un 3,5-4 per cento.
Un altro parametro, sviluppato negli anni ’80 per identificare ambienti conformi a livello di luminosità interna, è il rapporto tra la superficie finestrata apribile e la superficie del pavimento, che deve essere pari a un ottavo. Si tratta però di una semplificazione, che non tiene in considerazione tutte le variabili sopra elencate. È importante ottimizzare la percentuale di cielo visibile, facilmente realizzabile posizionando la finestra in posizione zenitale: la luce proveniente dall’alto risulta naturale e non comporta rischi per gli occhi, in quanto evita l’abbagliamento.
Altro espediente su cui puntare è la multi direzionalità: essa evita che ci sia uno sbilanciamento di luminanza tra gli ambienti, cosa che avviene quando vi è molta luce mal distribuita e che genera un discomfort visivo e pratico.